de Magistris: istruzioni per l’uso
C’ero anche io, ieri, a Piazza Municipio a protestare contro la sospensione di de Magistris da sindaco di Napoli. Tantissima gente intravista nei cortei, tanti compagni; insomma il Movimento. Ma aleggiava una atmosfera davvero insolita anche perché non si sapeva che fare e che dire, oltre alle maledizioni contro il PD e suoi accoliti che (grazie ad una condanna davvero ingiusta e una sospensione comminata a tempo di record) si stanno ora pregustando le loro prossime rapine (il sacco edilizio a Bagnoli, la privatizzazione dell’acqua, i nuovi inceneritori…). Si sopperiva a ciò dilungandosi sulla presunzione di de Magistris che – imponendo le sue decisioni (valga per tutte l’America’s Cup a Bagnoli) ha distrutto (anche con le inconcludenti “Assemblee del Popolo) quel pezzo di società che lo aveva sostenuto. E anche l’annacquamento della sua impostazione ideologica, una parabola che lo aveva portato, negli ultimi tempi, a civettare con il PD, trovava spazio negli innumerevoli capannelli.
Si, ma che fare ora? Intanto evitare che prendano piede le vedove e gli sciacalli. Vedove singhiozzanti che – in nome di un mitico passato o della loro idolatria – vorrebbero tappezzare Napoli con manifesti su tutte le cose che de Magistris “ha realizzato per la sua città” (veramente poche). Sciacalli , tra i quali – oltre ai gangster di cui sopra e ai loro pennivendoli – ci sono da annoverare non pochi del Movimento che trovano in questa situazione la giustificazione del loro livore e settarismo.
Per comprenderne la genesi è necessario un Flashback (quattro anni) sulla lista “Napoli non si piega”. Sollecitata da una assemblea (dicembre 2010) davvero oceanica, – con i numerosi consiglieri potenzialmente ottenibili se si fosse sostenuto, già nel primo turno, la candidatura a sindaco di de Magistris – questa lista avrebbe potuto diventare un formidabile sprone, un legame tra de Magistris e le istanze dei movimenti. Altro che le insulse “Assemblee del Popolo” scodellate, dopo le elezioni, dall’assessore di turno. Così non è stato. Subito sequestrata da chi pretendeva diventasse la propria lista e imposto un proprio candidato sindaco (peraltro, una bravissima persona) “Napoli non si piega” si è scornata con il trionfo elettorale di de Magistris ottenendo lo zero qualcosa per cento. Stessa scelta suicida nel Movimento Cinque Stelle.
Nasce da qui (e dal conseguente Consiglio comunale popolato da mammolette arancione) il livore di molti compagni (qualcuno si ricorda le accuse di “razzismo” o di volere fare “lo sceriffo”?) per de Magistris e sua la corsa ormai a briglia sciolta; una corsa costellata da davvero sciagurate iniziative – decise solo da lui – e da enfatici annunci a cui seguiva il nulla. Ma de Magistris non è stato solo questo. Basti ricordare il suo tentativo di coalizzare i sindaci contro la mannaia del Debito pubblico (e la conseguente Spending Review) o il Consiglio comunale tenuto davanti Montecitorio per ottenere (così come era stato già fatto per le indebitatissime Catania e Roma) una Legge speciale per Napoli.
Nulla di veramente rivoluzionario, intendiamoci, ma finalmente c’era un personaggio (anzi, un compagno*) di carisma; capace, cioè, di parlare a centinaia di migliaia di persone su tematiche altrimenti stancamente ripetute in sempre più scalcinate assemblee di qualche Centro sociale. Avrebbe potuto il Movimento “usare” del Magistris per uscire dal ghetto del suo minoritarismo? Si, avrebbe potuto – che so – nominarlo presidente dei Comitati contro il pagamento del Debito pubblico. O dei Comitati contro la Guerra. Ovviamente, se questi comitati fossero nati. Se il “Movimento”, cioè, non avesse abbandonato ogni disegno politico complessivo per rifugiarsi in asfittiche lotte territoriali.
In fondo, la parabola politica di de Magistris è lo specchio di un Movimento che si direbbe incapace di trovare una linea politica e di di basare su questa un rapporto con quello che un tempo si chiamava “borghesia illuminata”. Teniamolo a mente. Anche perché, tra qualche mese, de Magistris – con la prescrizione del (ridicolo) reato per il quale è stato condannato – probabilmente, tornerà ad essere sindaco di Napoli.
Francesco Santoianni
*P.S. Per evitare equivoci su un termine utilizzato nell’articolo, è forse opportuna una citazione: “Non credo che siamo stretti parenti, ma se lei è capace di tremare d’indignazione ogni qualvolta si commetta un’ingiustizia nel mondo, allora siamo compagni, il che è più importante”. (Ernesto Che Guevara, lettera a Maria Rosario Guevara, 20 Febbraio 1964)