Lo strano caso di Reyhaneh Jabbari
Impazza la campagna stampa mainstream (Renzi – ieri, alla Leopolda – l’ha celebrata con un minuto di silenzio) contro l’Iran colpevole di avere impiccato Reyhaneh Jabbari la ragazza accusata di avere accoltellato a morte “l’uomo che aveva tentato di stuprarla”, e cioè il medico Morteza Abdolali Sarbandi; il quale, addirittura, sarebbe stato un “agente dei servizi segreti” (“iraniani” o “irakeni ” a seconda di chi la spara più grossa). “Notizia” questa che ha scatenato sul web una valanga di farneticazioni, ultima delle quali: l’omicidio di Morteza Abdolali Sarbandi altro non sarebbe che una esecuzione compiuta da chissà quale servizio segreto (ovviamente, il Mossad); circostanza questa “attestata” dalla ragazza che, mantenendo fino all’ultimo la sua versione, ha scelto di morire come ogni agente segreto che si rispetti.
Ma, tralasciando le fantasticherie, occupiamoci dei fatti. Ma, intanto, una premessa.
Che il maschilismo (nonostante significative conquiste) domini ancora l’Iran resta un fatto innegabile. E a farne le spese sono le tante donne per le quali, anche in sede giudiziaria, valgono due pesi e due misure; una situazione non molto diversa da quella che viveva l’Italia del “delitto d’onore” (al più, qualche anno di detenzione se si ammazzava la moglie fedifraga o presunta tale) abrogato definitivamente solo il 5 agosto 1981. È possibile, quindi, che anche nel caso Reyhaneh Jabbari, abbia pesato una “cultura”, anzi una “religione”, oggi per noi assolutamente inaccettabile. Ma questo non può certo giustificare forsennate campagne mediatiche – come quella, di qualche tempo fa, per salvare Sakineh “condannata alla lapidazione per adulterio” – che si direbbero finalizzate ad additare un altro “stato canaglia” da distruggere con una ennesima “guerra umanitaria”. Meglio tenerlo a mente ora che l’Iran – tra le proteste e i tentativi di sabotaggio di non pochi paesi – sta per firmare il trattato sul nucleare che dovrebbe togliere ogni legittimità ad un attacco militare dell’Occidente.
Ma torniamo ai fatti, così come sono emersi dagli atti del processo (*). Intanto una precisazione: non è vero che Reyhaneh Jabbari non è stata assistita dagli avvocati o che “le autorità l’hanno costretta a sostituire il suo avvocato con un collega inesperto”. La verità è che i suoi ottimi avvocati sono stati messi alle corde dalle prove. Prima tra tutte un sms inviato il giorno prima dell’omicidio nel quale Reyhaneh Jabbari comunica ad un suo amico di volere uccidere Morteza Abdolali Sarbandi. Poi ci sono tante altre cose che non tornano nell’alibi della ragazza: le coltellate date – non già frontalmente – ma alle spalle dell’uomo; la porta della stanza del “tentato stupro” non chiusa dall’uomo; il coltello (usato per l’omicidio) acquistato da Reyhaneh Jabbari alcuni giorni prima; la circostanza del coltello messo dalla ragazza, prima dell’incontro, nella borsa (ma se aveva “tanta paura” di quell’uomo”, perché non è andata all’appuntamento accompagnata da qualcuno?); il presunto ingresso nella stanza – immediatamente dopo l’omicidio – di una persona (rimasta non identificata) che, a dire della ragazza, sarebbe andato in cucina a prendere alcuni fogli…
Non è certo il caso di ridursi qui al rango di “giurati” o “giudici”, come pretendono di essere gli spettatori delle innumerevoli “Crime Stories” che affollano i nostri teleschermi. Ogni delitto, tra l’altro, è costellato di tante inevitabili incongruenze che possono lasciar propendere per una tesi o per l’altra. E un errore giudiziario è sempre possibile. E questo vale per sia l’Iran sia per tanti altri paesi dove vige l’abominevole pena di morte. E varrebbe la pena di mobilitarsi contro questa, invece di inventarsi l’innocente “eroina di turno” vittima dell’ennesimo “stato canaglia”.
E per onorare la morte della povera Reyhaneh Jabbari sarebbe anche il caso di non fare due pesi e due misure e guardare anche nel cortile di casa. Come l’Arabia Saudita, dove oggi 14 donne rischiano la decapitazione in quanto accusate di “stregoneria”o gli USA dove stanno nel braccio della morte 11 donne, alcune delle quali troppo povere per poter dimostrare la loro innocenza. A proposito, avete saputo di qualche mobilitazione per la loro salvezza?
Francesco Santoianni
(*) Mi spiace di non poter inserire, questa volta, uno dei tanti link che costellano i miei articoli; il sito – del Ministero della Giustizia iraniano – che riporta gli atti del processo è in Farsi e, a quanto mi risulta, a giorni dovrebbe riportare il testo anche in inglese. Spero al più presto di potere – in una nuova versione di questo articolo – pubblicare questa documentazione. Per ora mi sono servito principalmente della documentazione tratta dalla intervista a Rai NEWS fatta a Tiziana Ciavardini e di altre notizie fornitemi da un mio amico iraniano che, pur non potendo nominare, desidero qui ringraziare.
PS. L’illustrazione in copertina è, ovviamente, un fotomontaggio
Per colpa di questi coglioni i nostri lavoratori in quelli paesi sono considerati alla pari con gli americani, quindi, da ammazzare.
Per colpa di questi coglioni i nostri lavoratori in quelli paesi sono considerati alla pari con gli americani, quindi, da ammazzare.
Francesco, possono andare anche bene le tue precisazioni, e forse sono anche necessarie. Però perdi di vista il punto fondamentale: non doveva essere giustiziata con la morte!
in questo maledetto Paese, Beccaria è un vanto della nostra cultura, a meno che non si tratti di condanne a morte eseguite dagli Usa e da qualche loro barbaro alleato. Recentemente negli Usa un poveraccio è stato giustiziato ed è morto dopo una lunghissima e atroce agonia. La cosa è passata praticamente sotto silenzio.
OK, ma come spiegano le autorità iraniane le motivazioni dell’omicidio premeditato? Hanno deciso che era una pazza scatenata e ha ucciso per il puro divertimento? Se no allora loro si conoscevano? da quanto tempo e in che rapporti erano? perchè la ragazza voleva ucciderlo, che le ha fatto (se non si tratta di stupro)? Cosa dice quello a chi lei ha mandato l’sms? Come spiega lei l’sms? Non potrebbe essere falsificato? Ma immaginate la situazione che uno sta architettando l’omicidio e avvisa con gli sms tutti i suoi amici??? ma il fatto di per se non vi sembra strano? Poi, la porta poteva essere anche chiusa e aperta dopo, oppure lei poteva non accorgere che era rimasta aperta e in quel momento non pensarci. Nel colpire dietro le spalle non vedo niente di strano, forse lei, travolta dalla paura, ha colto l’occasione e ha reagito d’istinto. Poi, nessuno le ha impedito di disfarsi dalla sciarpa e dal coltello. Poteva tranquillamente negare tutto, se fosse l’omicidio premeditato. E non avrebbe lasciato le traccie come la sua chiamata sul cellulare della vittima! Spero che mi saprai rispondere.
E che mi dice del fatto che l’Iran dopo la Cina sia il Paese in cui si fa un uso spropositato della pena di morte e che i diritti umani vengono giornalmente violati ?
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Stamattina a Radio Anch’ Io c’è un interessante dibattito sull’ Islam e pur essendo di sinistra i conduttori mi paiono abbastanza imparziali. Tra gli interventi degli ascoltatori mi ha colpito in positivo quello di un architetto iraniano di 34 anni. Ha raccontato di come nel suo paese sia in atto da anni una resistenza di musulmani moderati contro il regime di cui pochi media occidentali parlano. Ha definito omicidio l’impiccagione di Reyhaneh e in generale parla di crimini di stato. Dunque io sarò di parte ma mi fido più di lui che è nato e vissuto in Iran ed è stato costretto a scappare che non di te. Senza offesa Francesco ma è ovvio che le prove contro di lei sembravano solide. Le han costruite ad hoc. E per la cronaca io da anni critico la pena di morte ovunque, in primis negli Usa. Il problema è che se lo fanno gli Stati Uniti vengono criticati (giustamente eh), ma se lo fanno gli Arabi dobbiamo santificarli e credere alle prove falsificate contro una donna. Sono io che dico: due pesi e due misure.