Grillo e i gay
Grillo e i gay
Alla fine, ha vinto la Boldrini. È riuscita ad incravattare i parlamentari Cinque Stelle infognandoli a votare una legge che, come è già successo in Francia e nel resto d’Europa, farà da battistrada ad altre leggi liberticide, come quella sull’”antisemitismo” e sul divieto di usare “vessilli antidemocratici”, (e cioè, Falce e Martello). E ai Cinquestelle, (gli stessi che inneggiavano ai “Vaffanculo-Day”, evidentemente connotando come un insulto questa pratica) dopo la debacle della legge contro l’omofobia, non è rimasto che darsi un bacio nell’aula di Montecitorio; un ennesimo “gesto simbolico” che, verosimilmente, così com’è stato per l’occupazione dei tetti, si direbbe serva a sublimare manifestazioni di piazza che non si riescono più a garantire: (come la “Carovana della Resistenza”, annunciata per protestare contro lo stravolgimento della Costituzione, e poi scomparsa senza lasciare traccia).
Ma guardiamo più da vicino questa mobilitazione contro l’omofobia che, al pari dello “Ius soli” o di quella contro il “femminicidio”, si direbbe essere un’altra Arma di Distrazione di Massa. Come i famosi “Pacs”, sventolati da governo Prodi per distogliere l’opinione pubblica – e Rifondazione Comunista – dalla stagione di macelleria sociale che stava inaugurando; quasi un contraltare delle campagne xenofobe scatenate periodicamente dalla Lega per cementare il proprio traballante elettorato.
E torniamo all’oggi. Intanto, sfatiamo un equivoco: che la legge contro l’omofobia serva, finalmente, a stroncare le, altrimenti impunite, violenze contro gli omosessuali. Non è così. Nel nostro attuale ordinamento legislativo, e nella giurisprudenza dettata dalla Cassazione, già sono previste aggravanti per crimini commessi contro persone in quanto ritenute omosessuali; e numerose, recenti, sentenze lo attestano. Quello che, invece, si vuole proporre (si veda, ad esempio, la proposta Scalfarotto) è una legge che, estendendo i criteri della famigerata Legge Mancino (che punisce i cosiddetti “crimini d’odio”) riproporrà lo stesso apparato legislativo, presente, ad esempio, in Francia dal 2004 e che, volendo punire duramente chi “promuove la discriminazione razziale o fondata sul genere” ha contribuito non poco al trionfo del Front National e di altri gruppi reazionari e omofobi. E per di più, questa legislazione – che, ovviamente, combatte anche l’”antisemitismo” – è servita per sbattere in galera attivisti colpevoli unicamente di mobilitarsi contro la pulizia etnica condotta dallo stato di Israele.
Ma, esiste l’omofobia in Italia? Certamente, anche se non assume i connotati di una persecuzione (e mi piange il cuore che a documentare ciò, in modo inoppugnabile, sia questo articolo). Come combattere l’omofobia? Ad esempio, con campagne di informazione. Non certo con leggi liberticide come quelle che, in alcune proposte oggi in discussione, prevedono, addirittura, come pena accessoria, “la prestazione d’opera non retribuita a favore della collettività, che nello specifico potrebbe essere rappresentata dalle stesse associazioni gay, lesbiche o transgender.”
Chiusa questa parentesi, torniamo ad occuparci dei nostri parlamentari Cinquestelle.
Hanno inaugurato la Legislatura presentando tre disegni di legge (tra l’altro, assolutamente assenti nel Programma elettorale) sulle unioni omosessuali e il contrasto all’omofobia. Poi, a giugno, si sono spesi in una estenuante quanto commovente maratona (quaranta interventi!) sulla Convenzione di Instanbul contro il femminicidio: sostanzialmente un mare di chiacchiere, non a caso, ratificata all’unanimità dal Parlamento. Poi è arrivata la polpetta avvelenata della Legge sul contrasto all’omofobia, voluta dalla Boldrini con una insistenza che avrebbe dovuto far riflettere (si veda ad esempio, qui, qui, qui, qui). I deputati Cinquestelle si sono precipitati a votarla, insieme al PD SEL e Scelta Civica. E quando tale Gregorio Gitti, (che sarà pure un parlamentare di Scelta Civica, ma su questo punto aveva perfettamente ragione) ha fatto notare che la strampalata legge approvata alla Camera finiva, paradossalmente, per mettere fuori legge le organizzazioni di natura politica, culturale o religiosa che non si assoggettavano ai dettami della Legge Mancino, e cioè del “delitto d’odio”, si è scatenata una incredibile bagarre, costellata da un subemendamento, subito votato dal relatore della Legge: il PD (ed esponente del Movimento gay) Ivan Scalfarotto.
Tralasciamo gli osanna del PDL, il “comprensibile imbarazzo” del PD, la “sorpresa” di SEL, il “riserbo” di Scelta Civica… e parliamo dei parlamentari Cinquestelle. Al di là di davvero inquietanti ammiccamenti al PD, della loro successiva astensione e degli improperi, dapprima contro Scalfarotto e poi contro la Boldrini (con le quali si sperava, verosimilmente, di mimetizzare la figuraccia) la loro posizione ufficiale è stata espressa in questo documento che fa da pendant con la petizione promossa dall’ineffabile Articolo 21 che ha ribattezzato il subemendamento come “salva partiti quali Forza nuova, o associazioni come MilitiaChristi”. Non è così. Quella legge, nella prima stesura, avrebbe messo fuori legge ben altro che quattro gruppuscoli fascisti. Avrebbe messo fuori legge chiunque avesse espresso una opinione difforme dal “pensiero unico” imposto da quello che si avvia ad essere uno “Stato etico”. Con tanti saluti alla libertà di espressione.
Cosa pensino su tale questione i parlamentari Cinquestelle, non lo sappiamo. Di Grillo, invece, leggiamo quello che scrive. Ad esempio sul “vincolo di mandato” o sul “voto palese” che a suo dire dovrebbe essere sempre obbligatorio per i parlamentari. Una bestialità che – peggio di adesso – trasformerebbe il Parlamento in un Teatro di burattini e ogni sgradevole opinione in un “delitto d’odio”.
Ma sul concetto di libertà di opinione del (e nel) Movimento Cinque Stelle e del suo vate Paolo Becchi, sarà meglio ritornarci.
Francesco Santoianni
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