Fiumeinpiena. Che si fa, quando non possiamo fare nient’altro?

Mi piange il cuore ammetterlo. Ma, in questo caso, Stefano Fassina, viceministro dell’Economia del PD, ha ragione: la Legge sul Reddito di Cittadinanza, proposta dal Movimento Cinque Stelle, non può essere finanziata attingendo alla mangiatoia della “casta”: tagli alla Difesa, 8 x 1000 e IMU sugli immobili della Chiesa, tassazione sui giochi pubblici, tassazione dei capital gain, tagli alle “pensioni d’oro”, “sforbiciata” a tutti i ministeri, tagli all’editoria … Al massimo, così, si otterrebbero 19 miliardi di euro l’anno. Davvero insufficienti per dare 600 euro mensili a 9 milioni di persone. E farebbe bene Alessandro di Battista a farsene una ragione, invece di abbandonarsi a ingiurie. E allora, che si fa? Allora, per ottenere l’indispensabile Reddito di Cittadinanza, l’unica copertura possibile è sospendere il pagamento degli interessi del debito pubblico (quest’anno 90 miliardi di euro) che lo stato paga alle banche  (soprattutto straniere) le quali continuano ad acquistare soldi nostri dalla BCE, all’interesse dell’1%,, e con questi acquistano titoli di Stato che garantiscono interessi del 4,2%.

Ho provato a dirlo, – volevo pure proporre un qualche emendamento! – anche nel “Sistema Operativo” del Movimento Cinque Stelle. Me ne sono scappato, inorridito dalla sua inutilità e da ben 5152 interventi da leggere (ordinati a mo’ di “mi piace”, tipo Facebook): i più votati, quelli che pretendono di escludere gli immigrati in regola dal Reddito di Cittadinanza. Eppure questa storia del Debito Pubblico, anche con ottimi interventi, si direbbe trovi molto spazio nel blog di Grillo. E allora? Perchè il Movimento Cinque Stelle non riesce a fare due più due? Buttiamo giù una ipotesi. Perché per Grillo è molto più pagante in termini elettorali continuare ad agitare lo spettro di una vorace casta (“ne di destra, né di sinistra”) che confrontarsi seriamente con le catastrofiche contraddizioni del Capitalismo.

Dice: “E cosa ti aspettavi? Grillo non è mica Che Guevara?” Già. Grillo, no. Ma gli altri, quelli ferrati in marxismo e via dicendo? Perché non riescono a far decollare un movimento di massa contro il pagamento del Debito Pubblico che non siano le inevitabili, inutili, pagine e gruppi Facebook?

Facciamo l’esempio della (certamente imponente) manifestazione “Fiumeinpiena – Contro il biocidio” in programma a Napoli il 16 novembre. Ci saranno pure i lavoratori dei “consorzi di bacino”. Consorzi famigerati, in quanto non hanno mai bonificato alcunché. Ma che ora sono in liquidazione perché non ci sono più soldi per finanziarli, e già i giornali padronali stanno presentando questi lavoratori come parassiti dei quali liberarsi al più presto. Ma Fiumeinpiena (organizzata anche da compagni, sulla scia della grande manifestazione del 26 ottobre) si annuncia come una manifestazione “apartitica”, “senza simboli o bandiere”. Insomma, una specie di processione, dove, verosimilmente, gli obbiettivi politici e gli strumenti per raggiungerli saranno sommersi dallo spirito della “kermesse”. Come pretendere che lì si parli del Debito pubblico che, gettando sul lastrico questi lavoratori, impedirà una qualsiasi bonifica del territorio? Un’altra occasione persa.

Come quella del Comitato No Debito di un anno fa, che, invece di articolarsi in comitati territoriali (per intenderci, del tipo SI ai referendum), preferì incartarsi in grottesco “Coordinamento nazionale” finendo, tra faide e scomuniche, per scomparire. Oggi, più o meno, gli stessi promotori del Comitato – Ross@ – ci riprovano con una petizione popolare finalizzata ad un referendum di indirizzo. Non è, certo, una prospettiva entusiasmante, ma varrebbe la pena di impegnarsi. Del resto, nel minuto che, presumibilmente, avete speso per leggere fin qui, sono maturati già 171.232 euro in interessi da pagare ai detentori del Debito pubblico: un’altra stretta al cappio. Qualche immobile o spiaggia da svendere, qualche corsa di metropolitana da sopprimere, qualche dipendente in più da licenziare. Che potreste essere voi.

Diamoci una mossa.

Francesco Santoianni

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